Ierapetra è una cittadina situata a sud dell’isola di Creta, in Grecia, e come riportano orgogliosamente i cartelli locali è “la città più a sud d’Europa”.
Quando ci troviamo di fronte a qualcosa di speciale, qualcosa che non rientra nei soliti schemi, eccolo lì che compare il superlativo.
Il superlativo è amatissimo nel marketing: se ti vogliono convincere ad acquistare un nuovo prodotto o servizio, i superlativi per descriverne gli strepitosi effetti abbondano, a volte senza criterio, come un ingannevole specchietto per allodole e non è mai troppo presto per imparare a diffidarne!
Ammetto però che anche io, da guida turistica, quando accompagno un gruppo in visita a Torino ad ammirare un Museo, una mostra o un palazzo storico mi ritrovo più o meno consapevolmente a far man bassa di superlativi: la Galleria di Diana della Reggia di Venaria diventa la più straordinaria architettura barocca, la tomba di Kha e Merit al Museo Egizio è sicuramente uno dei più interessanti ritrovamenti archeologici, e che dire del “Ritratto d’uomo” di Antonello da Messina a Palazzo Madama? Un’opera straordinaria, meravigliosa, bellissima!
Il superlativo può essere estremamente fastidioso o sinceramente gioioso, a volte anche un po’ ridicolo.
Come quando ci si rende conto che a contendersi dei primati ci sono spesso file e file di concorrenti. “Il più antico palio d’Italia“, “la torre più alta“, “la pizza più buona“… Le guide di viaggio ne sono infarcite, le tradizioni locali ne sono fiere, i turisti ne rimangono affascinati.
D’altronde quante volte ho raccontato ai miei gruppi che via Garibaldi, a Torino, è la via pedonale più lunga d’Europa? Non che l’abbia mai verificato in qualche modo, ma è risaputo! E va bene così. Sono superlativi che nascono da un orgoglio positivo e alimentano una sana curiosità.
Io, per esempio, sono sempre stata affascinata dai superlativi geografici: “la città più a sud d’Europa”, “il punto più occidentale d’Europa”, “il punto più a nord dell’equatore”…
Ho avuto la fortuna di varcare alcune di queste “soglie” e sentire che in quel superlativo c’era davvero qualcosa di speciale, qualcosa che muove l’uomo da millenni.