“Tuo marito è passato prima e ha detto che puoi comprare tutto quello che ti piace”.
È l’ironico cartello che ho fotografato al Christmas Market di Exeter (UK) qualche anno fa, appeso a una bancarella che vendeva borse e accessori.
Di bancarelle come quella ce n’erano molte altre, come normale che sia in un mercatino di Natale, ma tra tutte è stata quella a colpirmi per quel semplice ma geniale cartello: una frase accattivante e divertente che catturava l’attenzione e portava a soffermarsi, anche solo per un attimo, a dare un’occhiata al contenuto della bancarella.
In un mondo in cui l’originalità e la qualità del prodotto sono merce rara – e per questo preziosissima – spesso è la comunicazione a dover attirare l’attenzione dei potenziali clienti. Ed è proprio la comunicazione a fare la differenza tra “mi fermo a dare un’occhiata” e “passo oltre perché nulla mi ha colpito”.
Per chi vuole vendere un prodotto, un servizio o un’esperienza, quell’attimo in cui si riesce a catturare l’interesse del pubblico è il Santo Graal da perseguire. Quello che succede dopo, acquisto o meno, dipende poi da molteplici altri fattori (necessità, costo, qualità, disponibilità, ecc.) che non rientrano nel mio ambito di competenza.
Ma la parte iniziale che riguarda la comunicazione ha a che fare pienamente con il lavoro che svolgo quotidianamente per molti miei clienti, ed è per questo che mi piace collezionare esempi ben riusciti da cui trarre ispirazione.
Sicuramente esiste una componente dettata dal gusto personale che rende l’argomento difficile da teorizzare: non tutti apprezziamo lo stesso tipo di comunicazione o lo stesso tono di voce. Ma proprio qui sta il bello! Nella varietà di sfumature che si possono scegliere, una volta definito bene il target di riferimento a cui ci rivolgiamo.
Per dirla semplice, quel cartello che stava così bene appeso alla bancarella del mercato, avrebbe poco senso appeso in vetrina in un negozio di Gucci o Louis Vuitton.
Sui social, questa declinazione in chiave umoristica della comunicazione è ormai una tendenza condivisa da molti brand, tanto da essere diventata una vera e propria moda, condita con tutte le possibili variazioni sul tema del real marketing (detto in soldoni: “stare sempre sul pezzo” rispetto a quello che succede nel mondo).
Pensiamo a Taffo o Ceres, solo per citare gli esempi che hanno fatto scuola in Italia, e a quanti ne hanno emulato le gesta ironiche, arrivando talvolta a perdere di vista il focus sul prodotto in favore solo della battuta coinvolgente. Tanto che, in alcuni casi, rimango perplessa rispetto a certe strategie di comunicazione e mi chiedo se, le migliaia di follower che seguono il profilo di una nota marca di succhi di frutta per i suoi contenuti divertenti, una volta al supermercato, siano maggiormente invogliate per questo motivo a comprare proprio quel prodotto.
Ma come dicevo prima, ognuno di noi è suscettibile in modo diverso alle infinite leve e sfumature del marketing e io, per esempio, non disdico affatto un po’ di sano umorismo nella presentazione di un prodotto o servizio, soprattutto quando lo trovo nel mondo reale e non solo in quello virtuale dei social.
Ecco perché ho apprezzato il cartello appeso alla bancarella del mercatino di Natale o perché mi fa sempre sorridere il cartello “Mondo crudele vs. birra” all’ingresso di una birreria di Faenza.
O ancora, il cartello “I would lose weight but I hate losing” che, mentre passeggiavo per le vie del centro storico di Lubiana, mi ha spinto a entrare in un negozio di abbigliamento di designer locali, piuttosto che in quello del solito brand internazionale al suo fianco.
Non serve sempre prendersi troppo sul serio, anzi, con un pizzico di creatività e di sano umorismo si può attribuire un valore aggiuntivo a ciò che presentiamo al pubblico, quel tanto che basta per attirarne l’attenzione e magari strappargli un sorriso. Così anche una semplice frittata di cipolle può diventare “sold out”, come se fosse un’esperienza talmente ricercata da non essere facilmente disponibile e a me, personalmente, un po’ di acquolina in bocca è rimasta, così come la voglia di assaggiarla la prossima volta che passerò al Mercato Centrale di Torino!
E voi, avete mai pensato a quale sia il tipo di comunicazione che vi fa drizzare le antenne? Che vi fa ben predisporre verso la scelta di un prodotto, un servizio o un’esperienza?